Abbiamo fatto una bella chiacchierata con Niccolò Falsetti, autore a sei mani, in compagnia del suo amico storico Francesco Turbanti e di Tommaso Renzoni, di Margini, esordio dramedy, come del resto ci ha spiegato nel corso dell’intervista, che ci ha folgorato lungo la via del recupero delle pellicole della scorsa stagione.
- Parlaci di te. Parti come appassionato di cinema, poi suoni nel gruppo hardcore punk Pegs, assieme a Francesco Turbanti, e adesso approdi al cinema con un esordio con il botto.
Mi definisco un appassionato di cinema che ne ha fatto, grazie alla propria costanza e ai Manetti Bros che mi hanno offerto l’occasione di collaborare con loro e che hanno seguito anche la creazione di Margini, un lavoro. Per quanto riguarda i Pegs suoniamo assieme da anni, perché prima di tutto siamo un gruppo di amici storici, oramai sparpagliati nella penisola, chi a Grosseto, chi a Roma e chi in altri luoghi, e che per questo suonano assieme quando riescono facendo però dell’altro per vivere. La nostra ultima esibizione risale al 2018 come gruppo spalla dei Juda e già allora erano sei anni che non suonavamo assieme. Al tempo stesso però possiamo dire che mai come ora siamo ripartiti alla grande, infatti abbiamo pubblicato La Palude, disco uscito in contemporanea con Margini, con la title track presente nel film e suonata dai Wait For Nothing.
- Quanto di te e anche di Francesco c’è in Margini? E’ del tutto inventato oppure qualche evento si è veramente verificato e magari è stato narrato diversamente ?
L’evento scatenante la pellicola, ovvero il reale concerto dei Madball, che si esibirono a Roselle nel 2007, è stato curiosamente vissuto, sia da me sia da Francesco, da lontano, dato che all’epoca eravamo a Londra, perdendo quindi il più importante concerto Punk tenutosi in Maremma! Rispetto a quel che si narra, Margini è un collage di esperienze, battute e situazioni riproposte, ma quel che si vede è frutto della nostra fantasia, con un aiuto significativo di Tommaso (Renzoni – nda) che ha saputo approfondire e calare i singoli personaggi nella realtà che stavamo descrivendo.
- Da un lato la musica e dall’altro il cinema. Ma ti senti più un cultore del punk prestato al cinema o un regista che si diverte a suonare ? Personalmente credo sempre in una sana via di mezzo.
Mi considero un regista con un occhio sempre attento alla scena punk e musicale. Basti pensare che quando andai a vivere a Roma per studiare e inseguire il sogno di lavorare nel cinema ero parimenti incuriosito anche dalla scena musicale della capitale, che all’epoca era estremamente fervida. Ad esempio rimasi folgorato dalla presenza dei Dropkick Murphys con la loro I’m Shipping Up To Boston, presente nella soundtrack di The Departed, di Scorsese, al punto di alzarmi in piedi nel cinema ad applaudire per quanto ami quel pezzo e quel gruppo.
- Margini è un personalissimo tuffo al cuore, non vivo in provincia, ma quello del quale si parla lo sento molto mio perché molti schemi mentali mi appartengono. Alla fine il film lo reputi più come una commedia generazionale oppure come un dramma?
Direi che la definizione più corretta sia commedia drammatica, ovvero quella che oggi viene definita Dramedy. Un genere che amo e amiamo profondamente e Margini è esattamente questo: una commedia, anche con tutte le caratteristiche del genere all’Italiana, che ci ha resi celebri nel mondo, ma che man mano che procede nella narrazione vira verso il dramma.
- È vero che la provincia può stritolarti esattamente come capita ai protagonisti? E non che la città più grande come può essere anche la mia non rischi di stritolarti in un grande immobilismo.
Margini è molto debitore dell’immobilismo nel quale, nello specifico, si cala Grosseto. I campi lunghi ad esempio li abbiamo sfruttati proprio per esaltare il lato paesaggistico della nostra terra, che però dall’opposto vive tutte le classiche dinamiche della provincia. Dinamiche che a mio parere non coinvolgono solo Grosseto ma tutta la nostra nazione. I protagonisti con le loro caratteristiche fra loro ben differenti vogliono provare a ogni costo di cambiare le cose ma senza muoversi da Grosseto. Quindi non cercano la fuga ma la voglia di cambiamento rimanendo e alla fine il vero nemico di Michele, Edoardo e Iacopo è proprio l’immobilismo in cui s’impaluda la loro città.
- Lo streetpunk è semplicemente una scelta musicale o, come immagino, riguarda anche uno stile di vita?
Tutto è partito con la frequentazione di Rudeness, negozio di riferimento di Grosseto per la scena musicale Punk, da quando io e Francesco iniziammo a frequentarlo cambiammo genere e stile di vita e allargammo i nostri gusti musicali. Alla fine anche Margini è chiaramente debitore di quello stile perché è quello che principalmente unisce molte persone che sentiamo vicine e al tempo stesso la musica rimane il collante sul quale proseguire il nostro percorso cinematografico.
- Nel futuro ci sarà ancora il desiderio di fuggire dalla provincia oppure cambierai del tutto registro, genere e magari anche narrazione? E avete qualche progetto musicale in cantiere?
Parto dalla fine. Come dicevo i Pegs sono ripartiti e siamo pieni di date favorite anche dal film. Per quanto riguarda il cinema vorrei modificare il registro senza dare un sequel a Margini, che quindi rimarrebbe un unicum, ma proseguendo a narrare il medesimo universo attraverso altre storie e sotto altre forme perché le storie che mi e ci piacerebbe narrare le pensiamo sempre in una location inizialmente provinciale anche se non tutte possono essere calate in quel contesto. Non nascondo mi piacerebbe che dopo qualche pellicola il nostro registro narrativo venisse riconosciuto da un pubblico affezionato che ci segua dicendo: “Non so cos’aspettarmi ma so che questi sono gli stessi autori di Margini e quindi so che di loro mi posso fidare”.
Intervista a Niccolò Falsetti. Regista di Margini
Ciro Andreotti