Un irriconoscibile Pierfrancesco Favino e Toni Servillo
Stefano Sollima, coautore assieme a Stefano Bises di sceneggiatura e soggetto, mette presumibilmente la parola fine alla parabola narrativa della criminalità Romana d’un tempo, seguendo la fuga di Manuel, Giacomo Franchini, capace di permeare la figura del sedicenne figlio di Daytona (Toni Servillo) con tutti i tratti caratteriali di un adolescente allo sbando cresciuto senza i punti di riferimento di un padre un tempo temuto e oggi deriso perché vittima di una malattia spietata come la demenza senile. Allo stesso modo anche i due ex sodali di Daytona non se la passano molto meglio. Non certo il non vedente Palniuman (Valerio Mastandrea) che risiede nel solaio di un condominio fatiscente. E nemmeno Cammello, il dimagritissimo, per l’occasione, Pierfancesco Favino, ex carcerato con un vecchio conto personale da saldare proprio con il padre di Manuel.
Sullo sfondo Roma come l’abbiamo già vista in più occasioni, ovvero non la cartolina patinata offertaci nelle pellicole dei ’60, ma un luogo crepuscolare attanagliato da traffico e degrado. L’ultimo film che ci ha offerto questo spaccato: Siccità, di Paolo Virzì (id.; 2022). In tal caso però non è più l’assenza di acqua e l’arrivo di una febbre mortale che contraddistinguono la narrazione, ma un incendio che pare indomabile e un via vai di continui blackout che non danno tregua a una capitale il cui tratto predominante sembra sempre l’essere vista attraverso i propri scorci più cupi e tetri.
L’autore sa dosare tutti gli elementi in proprio possesso: tre criminali perfettamente caratterizzati contro altrettanti tutori della legge, fra i quali spiccano Adriano Giannini e Francesco Di Leva, che però hanno preferito passare ai ricatti in cambio di molto denaro. La pellicola funzionerebbe quindi grazie anche alle eccellenti interpretazioni di tutti, con una particolare menzione per l’esordiente Giacomo Franchini che grazie al ruolo di Manuel ha vinto il Nuovo Imaie Talent Award 2023. Al tempo stesso l’idea è che il regista abbia preferito giocare in un terreno a lui consono, in cui non dover andare oltre a quello che già ci ha mostrato in passato. Purtroppo dal talento di Sollima esigiamo ben altro rispetto a una pellicola che si adagia sulla comodità del ‘già visto‘ ma capiamo che, per chi è digiuno di un certo cinema d’azione, declinato in maniera differente, la caccia all’uomo possa essere intrigante esattamente quanto la redenzione dei tre malavitosi.