Ariaferma, recensione del film diretto da Leonardo Di Costanzo.
In un carcere in via di dismissione, a un manipolo di guardie è ordinato di rimanere a sorvegliare l’ultima dozzina di detenuti che a breve, esattamente come loro, saranno spediti in altre strutture. Gaetano Gargiulo, agente che per motivi di anzianità assume il comando, ordina di radunare i detenuti nella parte centrale del carcere. Intanto i giorni passano senza ricevere nuove notizie e il malcontento inizia a serpeggiare fra tutti i presenti.
È facile cadere nell’idea di trovarsi davanti a una pellicola che denunci lo stato di degrado nel quale versano le carceri della penisola, causa un set rappresentato dall’ex carcere di San Sebastiano, casa circondariale di Sassari, costruita con le logiche del Panoptismo e chiusa ormai da quasi dieci anni. Il macilento edificio che fa da sfondo alla narrazione dà l’idea di essere sì decadente ma al tempo stesso un carcere per tutti i presenti. Sia i prigionieri, ma anche per coloro che sono lì a sorvegliarli.
Tutti uniti dalla medesima sorte fatta di una burocrazia bacata, un sistema probabilmente da riformulare, almeno nelle intenzioni del regista, e un destino percepito come escludente. Un luogo dal quale non riescono a scappare sia i prigionieri, capeggiati da un eccellente Silvio Orlando, nel ruolo di un camorrista di lungo corso e con ancora molti anni da scontare e al quale tutti offrono rispetto. Ma anche i pochi secondini rimasti a sorvegliarli, con Toni Servillo che ancora una volta si cala abilmente in un’interpretazione perfetta, in tal caso fatta di poche parole, molte pause di riflessione e gli inevitabili dubbi per un ordine di trasferimento che stenta ad arrivare.
Pellicola lenta e riflessiva, senza vincitori né vinti e alla quale i protagonisti, Orlando e Servillo, riescono ad aggiungere due interpretazioni superlative.
Al quarto lungometraggio l’ischitano Di Costanzo fa ancora centro riuscendo a sovvertire le logiche dei film a sfondo carcerario. Narrando le vite di persone sia ai limiti geografici, in tal caso sperduti nel centro di una valle e confinanti con l’immaginario paese di Mortana, ma anche di professione e condizione sociale. Fuori concorso all’ultimo festival del cinema di Venezia, dove il regista è tornato a nove anni dalla sua precedente partecipazione. Ariaferma, frase che lo stesso Di Costanzo ha trovato sulle pareti di uno dei numerosi carceri ove ha eseguito i sopralluoghi, è espressione di cosa possa accadere a un gruppo di persone che in cattività deve arrangiarsi per riuscire a coesistere e andare avanti, nell’attesa di qualche cosa di meglio per il futuro comune.
Pellicola lenta e riflessiva. Senza vincitori né vinti e alla quale i protagonisti, Orlando e Servillo, riescono ad aggiungere due interpretazioni superlative. Nonostante la convinzione iniziale, da parte di entrambi, di dover recitare a ruoli invertiti.
Ariaferma (Id.) Italia 2021 Regia di: Leonardo Di Costanzo. Genere: Drammatico Durata: 105′. Cast: Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano, Roberto De Francesco, Pietro Giuliano, Nicola Sechi, Leonardo Capuano. Fotografia: Luca Bigazzi. Musiche: Pasquale Scialò. Sceneggiatura: Leonardo Di Costanzo, Bruno Oliviero, Valia Santella.
Ariaferma, recensione del film diretto da Leonardo Di Costanzo.