Roma, XIX secolo. Bartolomeo Proietti è un uomo ricco e privo di scrupoli che per diventare nobile ed essere considerato nei salotti della capitale, decide di stringere un accordo con un principe caduto in disgrazia il quale gli garantisce la mano della figlia a fronte di un ingente pagamento.
Edoardo Falcone alla sua quarta pellicola, e per la terza volta con Marco Giallini nel ruolo di protagonista, si da alla riscrittura della commedia dell’arte, in perenne bilico fra il Marchese del Grillo di Mario Monicelli e Canto di Natale, di Charles Dickens, riadattato all’ombra dei Fori imperiali e lontano dai periodi di festa. La sceneggiatura diviene immediatamente accattivante non appena la figura del ricco cialtrone a caccia della tanto agognata nobiltà, raggiunta per vie matrimoniali, deve fare inaspettatamente i conti con il proprio passato, fatto degli stenti di un orfanotrofio e una giovinezza piena di soprusi perpetrati per la brama di potere, esattamente come il suo presente a caccia di rispettabilità, fino a un futuro circondato dalla più completa solitudine.
Giallini occupa tutta la scena con pochi accorgimenti, riuscendo a caratterizzare al meglio il personaggio di Bartolomeo, ovvero un coatto d’altri tempi al fianco del quale ogni componente del cast gli si accoda rispondendo a tono a ogni sua battuta e portando a conclusione il film con un finale che ricorda molto l’opera di Dickens. Piacerà decisamente a chi desidera riscoprire un classico della letteratura all’ombra della capitale e per coloro che amano le ambientazioni ottocentesche con Giallini in un ruolo in bilico fra Ebenezer Scrooge e Alberto Sordi.