Knock knock, recensione del film diretto da Eli Roth.
Un architetto, Evan Webber, una villetta con giardino, una famigliola e due ragazze psicolabili, Genesi e Bel fanno da sfondo narrativo a questo curioso Thriller, diretto da Eli Roth. E’ una notte buia e tempestosa, piove e Evan si intenerisce quando due fanciulle bussano alla sua porta e chiedono riparo. Inventandosi come scusa la festa di cui non riescono a trovare l’indirizzo, chiedono l’uso di Internet e inizia così l’incubo….
Ben strutturato, sensibile al mondo e fedele alla moglie e ai valori della famiglia inizialmente desiste. Ma poi non resiste alle molteplici offerte invitanti delle donzelle concedendosi platealmente.
Il training non autogeno, infernale si dipanerà tra nefandezze e delizie, tra libagioni e perversioni quasi fine a se stesse. Insipidamente conformistiche, teatrali senza nessuna direzione e senso che non siano il gioco crudele, la tirannia degli ego sdoganati dalla crisi della modernità.
Thriller ben congegnato, ci fornisce in chiave post-industriale una possibile traduzione dello sbandamento epocale cui assistiamo da tempo…
Forse la morale è antica e di vago sapore reazionario. La carne è corruttibile, nessuno ha degli efficaci anticorpi contro la decadenza, la corruzione, il narcisismo di massa. Se c’è un messaggio probabilmente risiede nel non dare tutto per scontato, azioni che possiamo governare relativamente, ma labili e caduche sempre.
Gli orizzonti lindi con prospettive aperte, illuministicamente fondati appartengono più agli happy end di Hollywoodiana memoria che alla nostra società. Evan, qui interpretato da uno spaesato Keanu Reeves, efficacissimo nel rendere credibile il personaggio, è la maschera ritagliata ad hoc per fronteggiare le mille insidie della vita quotidiana, fabbricata ad arte ed esposta alla pubblica piazza con naturalezza costruita dal proprio status sociale.
Che è ciò di cui vogliono cibarsi e sbarazzarsi le due intruse, moderne maghe Circe alla ricerca dell’ennesimo padre di famiglia da svillaneggiare, vituperare,ridicolizzare. Il tutto all’insegna della distruttività, del rancore, della falsa coscienza che pretende di abbattere senza costruire, in una micidiale spirale di violenza,senza luce, speranza,gioia. E’ la logica dell’assenza dell’io, destrutturato nel proprio delirio, che non chiede ma esige, rapina e lascia ferite spesso inguaribili, solo a volte curabili.
Thriller-Horror-Drama ben congegnato, adatto più a una rappresentazione teatrale, forse un Tennessee Williams rovesciato con un pizzico di Jonesco, ci fornisce in chiave post-industriale una possibile traduzione dello sbandamento epocale cui assistiamo da tempo. Probabilmente perchè stretti tra le maglie molli di un consumo onnipervasivo e la caduta delle grandi narrazioni collettive, sospesi nell’aldiquà, senza certezze di alcun aldilà.
Knock knock (Id.) USA 2015 Regia di: Eli Roth. Genere: Horror, Thriller Durata: 99′. Cast: Keanu Reeves, Lorenza Izzo, Ana de Armas, Ignacia Allamand, Aaron Burns, Colleen Camp, Megan Baily, Dan Baily. Fotografia: Antonio Quercia. Musiche: Manuel Riveiro. Sceneggiatura: Eli Roth, Nicolás López, Guillermo Amoedo.
Knock knock, recensione del film diretto da Eli Roth.