Abbandonate per una prima, ma non ultima volta, le sue ambientazioni Bolognesi, Avati riesce a creare una pellicola fra le migliori del suo repertorio capace d’incastonarsi alla perfezione nel filone dei suoi ricordi d’infanzia per quanto con una deriva horror – thriller impreziosita dalla colonna sonora firmata da Amedeo Tommasi, in grado di sottolineare ogni momento del film facendo sobbalzare lo spettatore sul proprio posto.
Basandosi su un’esperienza d’infanzia – il ritrovamento di un cadavere di donna all’interno della tomba di un parroco di paese – Avati riesce a creare una storia semplice e dalle tinte thriller, ponendo le valli di Comacchio e la provincia della ‘sua Bologna’, entrambe usate per ambientare la pellicola, al centro di una narrazione dal sapore Felliniano. Popolando il paese, innominato per tutto il corso del film, e che al calar del sole sembra uscito dalla brughiera inglese, di personaggi stereotipati. Basti pensare al parroco e all’ufficiale dei carabinieri, così come Gianni Cavina, attore feticcio del regista felsineo, nel ruolo di un tassista alcolizzato, perfettamente interpretato e caratterizzato esattamente come ogni personaggio, capace di portare alla creazione di un quadro d’insieme rurale e misterioso, nel quale il corpo estraneo di Stefano: Lino Capolicchio, altro attore da sempre vicino al cineasta bolognese, passa progressivamente dall’essere accettato, all’essere sopportato, fino a essere inviso alla cittadinanza, per finire con l’essere in pericolo.
Avati riesce quindi a muoversi dalla sua ‘comfort zone’ creando un gioiello horror che all’epoca della sua uscita suscitò numerose critiche positive che lo portarono a vincere il Premio della Critica al Festival du Film Fantastique di Parigi del 1976 e che in seguito issarono la pellicola a horror – cult Italiano di riferimento degli anni ’70, esattamente come le pellicole di Dario Argento, due su tutte L’Uccello dalle Piume di Cristallo (id.; 1970) e Profondo Rosso (id.; 1975).
Perfetto per una serata nella ‘brughiera ferrarese’ ma sempre intravedendo nelle pieghe di una pellicola dei fratelli Avati, quel clima di malinconia e ricordo che ne contraddistinguono il cinema.
Valutazione Finale: 8 / 10
La casa dalle finestre che ridono (id.) Italia, 1976 Regia di: Pupi Avati Genere: Horror Durata: 110′. Cast: Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Francesca Marciano, Giulio Pizzirani, Vanna Busoni, Bob Tonelli, Pietro Brambilla, Ferdinando Orlandi, Andrea Matteuzzi Musiche: Amedeo Tommasi Scenografia: Luciana Morosetti Fotografia: Pasquale Rachini Montaggio: Giuseppe Baghdighian Soggetto: Antonio Avati, Pupi Avati Sceneggiatura: Antonio Avati, Pupi Avati, Gianni Cavina e Maurizio Costanzo Produzione: Antonio Avati e Gianni Minervini per A.M.A. Film Distribuzione: Euro International Film