La Meteora Infernale, recensione del film diretto da John Sherwood.
Dopo l’assalto di una tarantola e delle formiche giganti, di una mantide omicida e degli uomini talpa, ciò che minaccia la Terra ora è l’avvento di una meteora infernale.
Una meteora cade nel deserto californiano e un suo frammento viene trasportato nella vicina cittadina di Sant’Angelo dal geologo Ben con l’intento di studiarla. Durante la notte una boccetta d’acqua, spinta dal vento, cade sulla roccia, che immediatamente inizia ad animarsi. La mattina seguente il capo geologo Dave lo trova senza vita, pietrificato, l’ufficio semidistrutto e una quantità spropositata di roccia sul pavimento. Quella stessa mattina una bambina porta a casa un pezzetto di roccia e Dave, insieme a Cathy e allo sceriffo, la trova devastata. Il geologo comprende che un grave pericolo incombe sugli abitanti della cittadina. Bisogna scoprire l’elemento scatenante e la sua cura prima che sia troppo tardi.
La Meteora Infernale non ha il tocco di film precedenti, ma ha tutta l’inventiva di Arnold.
Tratto da un soggetto di Jack Arnold e Robert M. Fresco, sceneggiato dallo stesso Fresco e da Norman Jolley, La Meteora Infernale (The Monolith Monsters, 1957) è un Fanta-Horror diretto da John Sherwood, assistente alla regia di lunga data di Arnold. È il terzo film che vede Sherwood alla regia e purtroppo anche l’ultimo. Morirà due anni più tardi (1959) di polmonite. Gli altri due lavori sono “Il marchio del bruto” (uscito il 24 marzo 1956) e “Il terrore sul mondo” (26 aprile 1956).
“Esse giacciono inermi nella notte e aspettano” conclude la voce fuori campo prima che si alzi il sipario su questa storia, definendo perfettamente la prima alterazione che avverrà di li a pochi minuti nell’ufficio di Ben e che carica di trepidante aspettativa. Sicuramente non è stato facile pensare ad un minerale come ad una possibile minaccia per la Terra. Eppure Arnold ha osato, dimostrando che l’idea fosse più che buona.
Un minerale arrivato dallo spazio che si nutre dell’acqua per moltiplicarsi, crescere e diventare un monolite, che si staglia alto nel cielo, ma talmente fragile da frantumarsi quando, per il peso, cade al suolo distruggendo quanto gli sta intorno è davvero sbalorditivo. Gli effetti speciali nel metterlo in pratica sono di tutto rispetto. L’ambientazione e lo sviluppo degli eventi sono ben orchestrati. Le spiegazioni scientifiche sono semplicistiche e le varie questioni immediatamente risolvibili dai personaggi, ma contribuiscono a creare il tono del film, vista la serietà con la quale vengono espresse.
Per quanto riguarda l’ambientazione c’è il tanto amato deserto, caro ad Arnold e non solo a lui in quegli anni. Questo luogo sembra racchiudere un alone di mistero e di pericolo, dove tutto può accadere e tutto si può nascondere, nonostante i suoi spazi aperti. Per il trucco, un ottimo lavoro è stato fatto nel rendere l’effetto marmoreo di coloro che entrano in contatto col monolite mutato. Si incontrano – come spesso accade in questi classici fanta-horror – lo scienziato, il suo collega o mentore, lo sceriffo e la figura femminile, impegnati strenuamente a risolvere il problema.
È pratica comune utilizzare dei cliché – ancora oggi – ma se i personaggi caratterizzano bene la storia, passano in secondo piano. “La meteora infernale” non ha il tocco di film precedenti, ma ha tutta l’inventiva di Arnold e l’impegno e l’entusiasmo di Sherwood. Diverte la sequenza in cui il metereologo dà a Dave le previsioni del tempo.
La Meteora Infernale (The Monolith Monster.) USA 1957 Regia di: John Sherwood. Genere: Fantascienza, Avventura, Horror. Durata: 77′. Cast: Lola Albright, Grant Williams, Les Tremayne, Phil Harvey, Trevor Bardette, William Schallert, Troy Donahue. Fotografia: Ellis W. Carter. Musiche: Joseph Gershenson. Sceneggiatura: Norman Jolley, Robert M. Fresco.
La Meteora Infernale, recensione del film diretto diretto da John Sherwood.
Valutazione finale: 6/10