a cura di Ciro Andreotti
Jean Monier è un avvocato che da anni ha deciso di non entrare più in aula da quando difese, facendolo scarcerare, un colpevole di omicidio. Quando però incontra Nicolas Milik, padre di famiglia, incensurato e accusato di aver ucciso la moglie, ne assume la difesa d’ufficio perché certo della sua innocenza.
La pellicola diretta da Daniel Auteil, che torna dietro la macchina da presa dopo Sogno di una notte di mezza età (Amoureux de ma femme; 2018) nel quale duettava con Gérard Depardieu, affonda le proprie radici nella vicenda realmente accaduta all’avvocato Jean-Yves Moyart dando vita a un thriller compassato tanto quanto le parole e i movimenti dell’avvocato impersonato dall’attore originario di Algeri. Un uomo fermo nelle sue convinzioni e altrettanto sicuro nel volersi mettere in gioco, dopo anni trascorsi lontano dalle aule di tribunale. Dando vita a un giallo anche dell’anima e pieno di punti oscuri, sia perché l’avvocato penalista Jean Monier è eroso dai sensi di colpa maturati nel corso di un passato remoto, che racconta di un’assoluzione ottenuta per un assassino recidivo, al termine di un processo che non seppe portargli fama, ma lo stigma per aver rimesso in libertà un pluriomicida. Sia per la calma serafica di Nicolas Milik: possibile uxoricida, dai modi compassati e dall’assenza di comportamenti violenti, che agli occhi di Jean lo fanno sembrare innocente a causa di prove quasi del tutto assenti.
Ed è quindi nell’esplorazione di un caso così controverso e mediaticamente divisivo. Nella nuova presa di fiducia di Monier e del suo ritorno in aula. Del legame famigliare che lo unisce alla moglie avvocato (Sidse Babett Knudsen), pronta a incoraggiarlo a tornare a cimentarsi in quello che meglio sa fare. E per via del legame instaurato con il suo cliente, impersonato dal quarantottenne caratterista Grégory Gadebois. E per via dell’ostracismo che si attirerà per l’errore passato e non ancora emendabile, che il film riesce a trarre la propria linfa vitale, aggiungendovi tempi recitativi teatrali e perfettamente scanditi in particolare dai due protagonisti: avvocato difensore e imputato.
Presentato alla 77°edizione del Festival di Cannes la pellicola di Auteil è un inno ai legal – thriller d’oltre oceano, ma calati nella realtà del vecchio continente. E film che merita di essere visto anche per certificare lo stesso Auteil come autore, e non solo interprete, molto abile nel destreggiarsi nell’uso del mezzo cinematografico.
La misura del dubbio (Le Fil) Francia – 2024. Regia di: Daniel Auteil Genere: drammatico, thriller Durata: 115′. Cast: Daniel Auteil, Grégory Gadebois, Sidse Babett Knudsen, Alice Belaïdi, Gaëtan Roussel, Isabelle Candelier Fotografia: Jean-François Hensgens Musiche: Gaspar Claus Soggetto: Jean-Yves Moyart Sceneggiatura: Daniel Auteuil e Steven Mitz Montaggio: Valérie Deseine Produzione: Zazi Films, France 2 Cinéma, Zack Films e Zinc Film Distribuzione: BIM Distribuzione