La ragazza di Stillwater, recensione del film diretto da Tom McCarthy.
Operaio in un’industria edile e ancor prima vittima della crisi petrolifera che gli fa cambiare lavoro continuamente, Bill è un uomo dal passato tormentato. Con una moglie morta suicida e la figlia Allison che ogni anno riceve la sua visita nel carcere di Marsiglia dove sconta nove anni per l’omicidio di un’amica. Allison continua a professarsi innocente e Bill coglie l’occasione per cercare di ricucire il rapporto con lei tentando di far riaprire il suo caso…
Con miriadi di problemi personali provenienti da un passato fatto di alcolismo e tossicodipendenza, con una moglie suicida e con la quale ormai era in rotta. Con altrettanti problemi di lavoro e con una figlia poco più che adolescente finita in carcere per un omicidio per il quale si dichiara innocente, il Bill Baker impersonato da Matt Damon rappresenta l’uomo della classe proletaria americana proveniente dalla periferia dell’Impero.
Figlio di una cultura operaia tipica dall’Oklahoma, Bill si ritrova proiettato in un mondo che da lui dista miriadi di anni luce. Quell’Europa che una persona come lui mai avrebbe pensato di visitare. Se non per via della ventenne Allison, figlia e studentessa di college accusata dell’omicidio della sua migliore amica.
Tom McCarthy dopo Il caso Spotlight torna a parlare il linguaggio del thriller ma senza ispirarsi direttamente a un fatto di cronaca reale. Anche se difficilmente chi assisterà alla pellicola non intravedrà forti somiglianze con il caso di cronaca che coinvolse Amanda Knox. Unica differenza una famiglia che non può certo vantare le medesime conoscenze e un padre alla deriva, al quale la giovane Allison domanda sia aiuto ma anche una spalla sulla quale trovare conforto.
Un film intesnso, che unisce il dramma umano al desiderio di giustizia.
Matt Damon riesce a rubare del tutto la scena impersonando un uomo sconfitto dalla vita che vuole ricucire un rapporto con una figlia abbandonata troppo presto e per proprie mancanze, ma che ora implora il suo aiuto. Damon riesce ad calarsi alla perfezione nell’uomo della classe media vittima di evidenti difficoltà linguistiche e troppo velocemente stereotipato da chi lo incrocia. Bill viene sempre visto come un Trumpiano di ferro, anche se non lo è. Un razzista, un rozzo che sta nel luogo sbagliato ed è abbigliato in maniera altrettanto strana. Ma per Bill vale solo il desiderio di trovare una falla in un caso che pare essere costruito su misura per incolpare la figlia.
Thriller esistenziale che colpisce nel segno sia per quanto riguarda l’incomunicabilità e i luoghi comuni con i quali si viene bollati e con i quali siamo pronti a giudicare, ma al tempo stesso dramma intimista di un padre che fa di tutto per cercare di recuperare un rapporto con una figlia che ormai credeva irrimediabilmente perso.
La ragazza di Stillwater (Stillwater.) USA 2021 Regia di: Tom McCarthy. Genere: Drammatico Durata: 140′. Cast: Matt Damon, Camille Cottin, Abigail Breslin, Deanna Dunagan, Moussa Maaskri. Fotografia: Masanobu Takayanagi. Musiche: Mychael Danna. Sceneggiatura: Tom McCarthy (Thomas McCarthy), Marcus Hinchey, Thomas Bidegain, Noé Debré.
La ragazza di Stillwater, recensione del film diretto da Tom McCarthy.