Approcciare un film come L’Esorcista non è affatto facile. Non è facile a partire dalla catalogazione che è stata fatta di questa pellicola, inquadrata fin dalla sua uscita nel genere horror. Perché se si va oltre quelle che sono le convenzioni non possiamo che renderci conto di quanto limitativa sia stato apporre una etichetta al film.
Qui non siamo di fronte a una semplice pellicola horror, che parla di mostri o eventi soprannaturali. Non ci sono zombie, vampiri o serial killer, e nemmeno famiglie disastrate portatrici di follia, qui siamo di fronte alla paura più ancestrale che esiste in ogni essere umano. Quella di trovarsi di fronte al male assoluto, imperscrutabile. Non è questione di fede, anche se L’Esorcista nella fattispecie porta la visione che è consona alla Chiesa Cattolica.
L’esorcismo inteso come quel complesso di pratiche volte a liberare una persona posseduta da una o più entità malvage, è credenza comune a svariate religioni. Secondo alcuni antropologi non esiste cultura che non presenti una qualche forma di esorcismo. In realtà il discorso è estremamente delicato e sottende al complesso di paure remote che l’uomo si trascina con sé. Quel che è certo è che al di là del fatto che ciò che in passato veniva bollato come possessione demoniaca è nella quasi totalità dei casi una forma di patologia medica inquadrabile nell’ambito dei disturbi psichici.
La quasi totalità appunto perché esiste comunque una piccola casistica che invece non riesce neppure a trovare spiegazione nella scienza, ed ecco spuntare quell’ombra maldetta che aleggiava sui nostri antenati. William Peter Blatty rimase colpito dal racconto di un episodio accaduto nel Maryland nel 1949: un tranquillo studente venne colpito da un fenomeno di “possessione”. Dopo mesi di sofferenze la famiglia del ragazzo, ancorché protestante, chiese aiuto a un gesuito che riuscì a praticare un esorcismo sul giovane e a riportarlo alla sua vita di sempre. Blatty si appassionò alla vicenda e portò avanti per anni studi sul soprannaturale, incontrando non poche difficoltà anche perché la Chiesa Cattolica ha sempre parlato malvolentieri dell’argomento, forse temendo di essere tacciata di oscurantismo.
Risultato delle sue ricerche fu il romanzo L’Esorcista, pubblicato nel 1970, e base per la sceneggiatura del film uscito tre anni dopo. Date tutte queste ambiziose premesse è evidente che l’opera che ne poteva scaturire rischiava di essere un clamoroso rovescio. E invece il risultato finale fu straordinario, una pellicola avvincente e terrorizzante dove ogni particolare viene curato in maniera scrupolosa e dove i caratteri dei personaggi sono cesellati con straordinaria abilità.
Merito di tutto questo va dato al regista William Friedkin, voluto fortemente proprio da Blatty (ma la Warner Bros che deteneva i diritti offrì la direzione del film, tra gli altri, a Stanley Kubrick, che però declinò).
Friedkin non era certo un maestro dell’horror, era un giovane regista che aveva cominciato dirigendo commedie e che un paio di anni prima si era imposto all’attenzione di pubblico e critica con il noir Il Braccio Violento della Legge, un film nel quale i protagonisti venivano dipinti con pennellate violente e impietose, destinato ad influenzare da lì in avanti tutto il genere poliziesco. Una cosa che accomunò Blatty e Friedkin fu il fatto di non approcciarsi a questo lavoro con l’idea di creare un film horror: per Blatty la storia raccontata era vera e Friedkin dal canto suo decise di seguire uno stile documentaristisco nel tentativo di introdurre la vicenda narrata in una dimensione di realismo. Non mancarono gli scontri fra i due anche se a prevalere fu la collaborazione e la stima reciproca.
La differente visione venne esplicitata soprattutto nei due diversi finali, quallo originale di Friedkin più sfumato ed ambiguo, e quello voluto da Blatty e comparso poi nell’edizione rimontata, in cui prevale una visione più rassicurante. Le immagini iniziali sono già il manifesto di quello che sarà il film nel suo complesso, immagini fortemente evocative, scandite da un vento furioso, dove tra le rovine di un’antica civiltà (come antico è il terrore che l’uomo prova per la potenza del Male) viene rappresentato l’incontro fra Padre Merrin e l’entità demoniaca chiamata Pazuzu.
E fortemente simbolico è lo scontro fra i due cani, uno bianco e uno nero, il bene e il male che si fronteggiano in una guerra senza fine.
La vicenda si sposta a Georgetown, sobborgo di Washington, dove l’attrice Chris MacNeil vive con la figlia adolescente Regan. La vita di Chris è quella di una persona agiata e di successo, assorbita dai molteplici impegni lavorativi e sociali, immersa in una normalità lontana nel modo più assoluto dall’incubo che sta per abbattersi sulla sua casa. Regan manifesta segni di un disagio mentale in un crescendo inarrestabile e terrificante, una patologia psichica cui i medici ai quali si rivolge la madre sempre più disperata non riescono a dare alcuna spiegazione. Proprio su inidcazione di un dottore Chris si rivolgerà a Padre Karras, gesuita e psichiatra, il quale con molta riluttanza accetta di accostarsi al caso.
Il sacerdote sta attraversando infatti a sua volta un periodo di grande disagio personale, tormentato dai sensi di colpa per non avere assistito in maniera adeguata la madre anziana e malata, morta in uno squallido ospedale. Padre Karras nonostante i molti dubbi che lo attanagliano decide di aiutare la fanciulla, ormai completamente preda del demone che la possiede e i suoi superiori, cui si rivolge per l’autorizzazione, mandano in suo aiuto proprio l’esperto Padre Merrin il quale, in una delle scene più memorabile di questa eccezionale pellicola varca la soglia della casa per affrontare il male già incontrato altrove.
Le poche righe di riassunto sopra tracciate non sono in grado di trasmettere la complessa simbologia con cui Blatty e Friedkin bombardano lo spettatore, un susseguirsi di immagini tese a trasmettere una sensazione di angoscia e malvagità: la profanazione di una statua della Vergine Maria in una chiesa vicina, la medaglia di San Giuseppe portata da Padre Karras, le immagini della casa e soprattutto della finestra della stanza dove Regan vive il suo supplizio, la ripida scalinata situata nei pressi che tanta importanza rivestirà nel finale, quasi una porta di accesso verso un altro mondo (discesa agli Inferi o ascesa al Paradiso?), e da ultimo (almeno in questa breve e mai abbastanza esaustiva panoramica) le immagini subliminali montate dal regista per soncertare lo spettatore con l’apparizione dell’entità malvagia che possiede la piccola Regan. Un grande film non può non essere considerato tale se non si dà il giusto rilievo ai meriti degli attori, meriti che qui sono indiscutibili.
Se dell’eccezionale Max Von Sydow (davvero starordinario nei panni di Padre Lankester Merrin) è fin troppo facile parlare bene, non si può non porre l’accento sulla eccellente prova dei due autentici protagonisti ovvero la madre dell’indemoniata intepretata da Ellen Burstyn e Padre Damien Karras, ossia Jason Miller, attore che non ebbe molta fortuna all’infuori di questa pellicola. Entrambi dimostrano qualità recitative davvero non comuni, calandosi nei panni dei rispettivi personaggi cui hanno saputo dare notevole profondità psicologica. Di particolare rilievo è la prova di Jason Miller il cui Padre Karras è una maschera di autentica sofferenza umana, un uomo di Fede colpito nelle sue credenze più profonde e nelle sue certezze, che nella lotta contro il Male Assoluto saprà ritrovare la propria dignità. Straordinaria la colonna sonora, le note di Tubular Bells di Mike Olfield sono l’ideale accompagnamento per le immagini di uno dei film più inquitanti che abbiano mai attraversato le strade degli amanti del cinema….
Il film prodotto e distribuito da Warner Home Video e presentato nel formato di 1,85:1 con codifica a 1080 p. Il Blu Ray fa parte della nuova collana Warner Bros. Horror Maniacs, caratterizzata dalla confezione Slipcase contenente una semplice Amaray, bella graficamente, ma priva di Artwork interno.
Nella confezione troviamo due diverse versioni del film: quella cinematografica del 1973 e la Extended Director’s Cut del 2000. Quest’ultima si differenzia dalla prima per circa 10 minuti di girato in più, che comprendono alcune sequenze (come la celebre “spider walk” sulle scale della giovane Regan MacNeil, tagliata dal montaggio originale per l’impossibilità di nascondere i cavi utilizzati per la scena) che però aggiungono poco o niente alla trama del lungometraggio.
Andando ad analizzare la qualità video ci accorgiamo che per entrambe le versione il risultato visivo risulta molto simile, caratterizzato da una grana sempre presente che dona porosità alle immagine restituendole una forte impronta cinematografica. Per essere un film dei primi anni ’70, il lavoro di restauro svolto su questa pellicola è davvero eccellente: colori, dettagli e tridimensionalità sono qui ai massimi livelli regalandoci una visione appagante e coinvolgente.
Per quanto riguarda il comparto audio, agli amanti del doppiaggio farà piacere sapere che la versione cinematografica presenta quello originale del 1973, da molti considerato uno dei migliori prodotti nel nostro paese. Seppur con un bilanciamento sufficiente, la traccia risulta però povera a livello di dinamica e profondità, risultando in alcuni punti anche ostica alla comprensione. Va meglio con la versione estesa del 2000, che presenta un maggiore contrasto tra i dialoghi e una migliore presenza di dettaglio per quanto concerne gli effetti ambientali.
Importante! gli extra, pur numerosi, sono gli stessi già disponibili nelle precedenti edizioni blu-ray del film.
“Commento al film del regista William Friedkin”
“Raising Hell: Filming the Exorcist” Dietro le quinte delle riprese del film prodotto e fotografato da Owen Roizman, con i test delle riprese e dei trucchi, interviste al regista William Friedkin, all’attrice Linda Blair, all’autore/sceneggiatore/produttore William Peter Blatty e a Owen Roizman.
“The Exorcist Locations: Georgetown Then and Now” Un tour tra le location iconiche dove il film è stato girato. “Faces of Evil: The Different Versions of The Exorcist” Il regista William Friedkin e l’autore/sceneggiatore/produttore William Peter Blatty parlano delle diverse versioni del film e delle scene tagliate.
“Documentario della BBC del 1998 “The Fear of God: 25 Years of the Exorcist”
“Due Commenti al film di William Friedkin“
“Commento di William Peter Blatty“
“Introduzione di William Friedkin”