C’è ancora una volta la figura di un politico nel cinema di Paolo Sorrentino. E se in precedenza era stato Giulio Andreotti a farla da protagonista del suo Il Divo (id.; 2008), grazie al quale il regista ne aveva esplorato il biennio 1991-1993, fatto di lotte di potere e scheletri fuoriusciti da meandri seminascosti. Questa volta è Silvio Berlusconi a terminare sotto la lente d’ingrandimento. Ancora una volta senza trattarne la vita i termini agiografici, ma soffermandosi su fatti di cronaca risalenti al quadriennio 2006 – 2010.
Minimo comune denominatore la presenza, in entrambe le pellicole, di Toni Servillo, che se prima era stato un Giulio Andreotti forse dissimile dall’originale, ma comunque credibile nei modi. Questa volta riesce a trasformarsi in un Berlusconi sorridente con tutti, ancora carico d’idee e progetti e soprattutto, esattamente come l’ex leader della DC, attorniato dalla mono dimensionalità di coloro che ne compongono la corte. Quella corte che è sintetizzata sia nel titolo della pellicola, sia nella figura di un imprenditore Tarantino, impersonato da Riccardo Scamarcio, che desidera avvicinare Silvio Berlusconi per sedersi al suo fianco.
È quindi la luce riflessa, della quale la corte si abbevera, uno dei crocevia della narrazione. Una muta di personaggi di dubbio gusto alla quale Servillo – Berlusconi offre sorrisi, consigli, una pacca sulla spalla. Una corte ottenuta rimodellando nomi e sembianze, spesso ottenute dalla ‘crasi’ di più protagonisti, per evitare accuse e querele. Rimodellando realtà e fatti di cronaca. Ricostruendo possibili dialoghi – insuperabile Servillo quando si sdoppia per rappresentare un Ennio (Doris, nda) impegnato in un dialogo con l’ex premier che pare essere quello di un uomo che disquisisce con la propria coscienza ipertrofica. Una corte nella quale ogni componente, anche il più marginale, risulta funzionale alle vicende di un personaggio che nel bene e nel male, è stato capace di rubare la scena a chiunque.
Film inizialmente giunto al cinema diviso in due parti, a distanza di due settimane l’una dall’altra, e successivamente riunite in quest’opera omnia che rappresenta prima di tutto parte della vita di uno fra i personaggi più iconici, divisivi e per questo chiacchierati, della nostra contemporaneità. Al quale il regista decide di non dedicare una narrazione che riguardi i suoi anni più vincenti; quelli dell’ascesa nel mondo imprenditoriale o dell’inizio della carriera politica. Ma quelli che lentamente l’avrebbero portato al normale oblio al quale ognuno di noi è prima o poi costretto, a causa di un tempo che si può combattere ma non sconfiggere.
Un film che forse risulta meno intrigante fra quelli firmati dal regista partenopeo. Perché maggiormente ancorato alla nostra contemporaneità e meno frutto di tutto quel simbolismo al quale da sempre Sorrentino ci ha abituato. Ma pellicola comunque confezionata con la solita cura. Dotata di un cast di altissimo livello, nel quale svettano oltre al solito Servillo e al già citato Riccardo Scamarcio, anche Kasia Smutniak ed Elena Sofia Ricci.