E non è obbligatorio essere eroi, retrospettiva su Luciano Ligabue.
Un ragazzo poco oltre i venti vive la post adolescenza fra la casa di famiglia e un fratello di una decina d’anni più giovane con il quale divide la passione per la musica e la più classica delle situazioni domestiche: la camera da letto. Il ventenne fa di nome Luciano, mentre il fratello minore Marco. Entrambi hanno come cognome Ligabue, che dalle parti di Reggio Emilia, dove la loro famiglia abita, ricorda un artista Naif di Gualtieri. Uno fuori dagli schemi, fuori dal mondo, per molti fuori di testa, ma di certo mai banale.
Una Retrospettiva dedicata alla prima parte di carriera di Luciano Ligabue…
Più che sopportarsi i due tendono a supportarsi. Vivendo la coesistenza di buon grado nonostante l’evidente differenza di età che li separa. Sono figli di una coppia ben assortita di appassionati di vita e musica. Giovanni, per tutti inclusi loro, Giuanin, alterna il lavoro di ambulante con quello di proprietario, assieme alla madre Rina, di un dancing dalle parti di Novi di Modena. Il Tropical, la balera, come si definisce a queste latitudini che all’occorrenza si trasforma in sala concerti ospitando artisti di livello nazionale.
È fra quelle assi che i due fratelli soprattutto il più âgée, ammazzano le domeniche invernali ascoltando artisti come Lucio Dalla o Gianni Morandi. Il primo visto a inizio ‘70 firma a Luciano un autografo dopo che Giovanni lo ha esortato a farsi avanti vincendo la sua proverbiale timidezza. Da quell’esperienza il giovine Ligabue trae un ricordo curioso: “Era un uomo fatto, finito, dotato di una voce splendida e un clarinetto che poteva incantarti, la sola cosa strana? Era grande come me, ma io avevo appena dodici anni”. Morandi invece è l’idolo di Rina che per lui stravede e che costringe i figli a partecipare a ogni sua esibizione che si svolge dalle parti di Correggio, il borgo natio.
Nel frattempo, fra la camera divisa con Marco e i suoi venti anni ancora da compiere, Luciano cresce fra le più classiche delle passioni adolescenziali. Quella per i fumetti: che legge e colleziona in maniera compulsiva. La musica, ormai da qualche anno è stato rapito dagli LP che fa girare sul piatto di un paio di radio libere del borgo, ai quali aggiunge la passione per la chitarra e per la scrittura di testi decisamente molto rivedibili. Leggasi insulsi.
Nel frattempo, con i suoi venti anni ancora da compiere, Luciano cresce fra le più classiche delle passioni adolescenziali…
Giovanni gli ha regalato una ritmica di seconda mano e qualche lezione offerta da Wim, il deejay che gira i piatti del Tropical e che insegna a Luciano i primi rudimenti. E infine il calcio, praticato fino a esordire nella Correggese e strappare un possibile provino con Parma e Cagliari. Sogno calcistico stroncato sul nascere dal diniego di Giuanin unito al desiderio di Luciano di usare lo sport solo come valvola di sfogo ma cercando di fare della propria vita ben altro. Già ma fare cosa di preciso? Proprio questo nella sua mente non riesce a trovare una risposta univoca.
Arrivato alla fine del quinquennio di ragioneria, una scuola scelta per la distanza da casa. Distanza che viene spesso colmata in appena cinque minuti di bici. Luciano parte per il CAR con direzione Belluno. Un anno di militare che gli lascerà tempo e noia per riflettere su cosa fare dopo. Il tutto costellato dalle classiche abitudini del soldato lontano da casa. Passando attraverso libere uscite e permessi sempre troppo rari. I soprusi inghiottiti da superiori e commilitoni più anziani e una trasferta in quel di Roma, sulla metà di quell’anno, per cercare di superare l’esame SIAE che gli permetterebbe di diventare compositore. Luciano si era iscritto ben prima di partire e la notizia della trasferta a Roma gli arriva come il più classico dei fulmini a ciel sereno.
Altro evento decisamente inatteso, ma con la certezza di avere qualche santo che veglia su di lui, si verifica all’inizio di agosto quando assieme ai suoi compari del borgo, anche loro come lui in piena NAIA, progettano un fine settimana lontano dalla caserma e dai genitori. Una libera uscita da trascorrere in treno per raggiungere la riviera. Con la scoperta, vissuta come la più classica delle docce fredde, di aver scampato la strage di Bologna per pochi minuti, solo quando erano ormai con i piedi immersi nel mare di Rimini. Una strage che coglie tutti impreparati ma che nella mente di Luciano si sedimenterà, tornando buona molti anni dopo…. Continua…
E non è obbligatorio essere eroi, retrospettiva su Luciano Ligabue.