L’ultimo compagno, recensione del libro di Concetto Vecchio.
Emanuele Macaluso si e’ congedato da questo mondo poco meno di un anno fa all’età di 96 anni. Autorevole dirigente comunista, l’ultimo della vecchia guardia togliattiana, fu in vita nome poco conosciuto a differenza di altri personaggi del mondo progressista. Siciliano, nato nei paraggi di Caltanissetta da una famiglia umile era destinato a lavorare nelle miniere di zolfo dove carusi come lui sputavano prematuramente l’anima per poche lire. Il padre, con sacrifici incomprensibili ai giorni nostri decise che non doveva affollarsi nelle anguste caverne delle miniere e lo volle far studiare. Emanuele si applico’ molto all’Istituto tecnico minerario e uscirà col massimo dei voti. Decise che si sarebbe dedicato agli ultimi, i suoi compaesani minatori lavorando nel e per il sindacato.
Un libro che racconta la storia di un uomo che ha lottato per i suoi ideali anche scontrandosi con il proprio partito.
Questo libro-intervista curato da Concetto Vecchio è il ritratto di un uomo coraggioso. Di un uomo dal temperamento indomito, un vulcano vivente, spesso controcorrente anche all’interno del partito in cui ha militato per una vita intera, il PCI. Con Vecchio ha ripercorso quasi un secolo di esperienze,riflettendo sui momenti cruciali della vita politica e sociale del nostro paese. Dalla resistenza all’armistizio e all’attentato a Togliatti per arrivare ai tragici fatti di Portella della Ginestra. E a spingersi perfino a ricordare fin nei minimi particolari le dinamiche che reggevano le compagini governative fin quasi ai giorni nostri.
E’ di qualche anno fa la sua partecipazione commossa a Portella della Ginestra, in cui ha ricordato l’eccidio di stampo mafioso perpetrato da Salvatore Giuliano nei confronti di braccianti in lotta. Uomo dal carattere burrascoso, non ha mai amato il politichese, ha praticato la rara virtù della lealtà, battendosi all’indomani della Bolognina a fine anni novanta. Per una rivisitazione dell’ideologia comunista, spurgandola dagli aspetti troppo dottrinari ma mantenendone vivo il nucleo fondante e cioè la difesa degli ultimi, degli oppressi, degli sfruttati.
Quando si accorge della impossibilità di riunire la diaspora tra spezzoni di partito oramai inconciliabili tra loro prosegue la sua battaglia laica con altri compagni, sodali di progetti che ancora immaginava potessero scuotere le coscienze intorpidite del mondo progressista italiano. Eccolo così a dirigere il quotidiano Il Riformista, ad affidare riflessioni e considerazioni sul web, a girovagare per l’Italia fino a tarda età. Con la speranza, il vigore e la coerenza, che come traspare da questo libro, hanno da sempre accompagnato il suo lungo passaggio terrestre. Davvero, l’ultimo compagno.
L’ultimo compagno, recensione del libro di Concetto Vecchio.