L’uomo Lupo, recensione del film diretto da George Waggner.
L’uomo lupo, (The Wolf Man) è un film del 1941 diretto da George Waggner. L’uomo lupo appartiene alla serie de I mostri Universal, che tanto successo hanno ottenuto nel periodo della loro uscita in sala (chi più, chi meno). Questa pellicola ha riscosso un gradimento inaspettato per la casa di produzione, spinta a crearne una serie costituita da 6 film, l’ultimo dei quali è Il cervello di Frankenstein (1948), nel quale Lon Chaney Jr. veste per la quinta volta i panni del mostro…
Vi si racconta la sfortunata storia di Larry Talbot, secondogenito di una ricca famiglia inglese, al suo ritorno a casa in seguito alla morte del fratello maggiore. Il padre desidera che ora sia lui a occuparsi degli affari di famiglia. Un giorno, osservando col telescopio le case del villaggio, Larry scorge casualmente Gwen alla finestra della sua camera. L’uomo si reca poi al negozio dove la donna lavora e inizia a corteggiarla, invitandola per una passeggiata. Quella sera Larry, Gwen e un’amica di lei fanno due passi nel bosco. Mentre quest’ultima si fa leggere le carte da Bela lo zingaro, gli altri due si appartano. Dopo poco però odono un grido, l’uomo corre in suo aiuto e si ritrova a dover lottare con un lupo. Viene morso, ma riesce ad ucciderlo. Larry scoprirà sulla propria pelle quanto fosse vera la leggenda sui lupi mannari.
L’idea di portare sul grande schermo questa figura è venuta ai produttori della Universal già nel 1935, quando viene realizzato e distribuito Il segreto del Tibet (Werewolf of London), che non ottiene tuttavia grandi consensi. Sarà col film diretto da Waggner che le sorti di questo personaggio cambieranno, dando onori e gloria tanto al film quanto all’attore protagonista Lon Chaney Jr., figlio del formidabile attore trasformista del cinema muto Lon Chaney. Lon Chaney Jr. ha proseguito la strada tracciata dal padre, dimostrando di avere talento. La sua performance nelle doppie sembianze di Larry e dell’Uomo Lupo è ottimale, riesce a esprimere appieno il tormento, il turbamento e tutto lo spettro emotivo che Larry prova durante l’arco narrativo.
La figura tratteggiata dallo sceneggiatore Curt Siodmak è diversa da quella presente in altri film. Larry Talbot soccombe ad un destino a cui non può sottrarsi, pur volendo. Vorrebbe fuggire via, lontano, invece l’ineluttabile fato lo lega, metaforicamente e, nella parte conclusiva, fisicamente a quel luogo. Larry è un uomo buono, che ha vissuto tanti anni nell’allora nuovo mondo, non crede alle leggende e alle superstizioni, nondimeno la filastrocca declamata all’inizio del film evidenzia ciò che gli accadrà.
La filastrocca non è legata ad una antica leggenda, ma è una pura invenzione dello sceneggiatore, che l’ha resa talmente credibile da sembrare vera. Ben delineato il rapporto padre/figlio. Larry deve sottostare al volere paterno, i loro rapporti non sono buoni da tempo a causa del primogenito, “l’erede al trono”, a cui vanno pure le attenzioni e l’affetto del padre. È in ciò che si nota una chiave di lettura psicologica, nella trasformazione in lupo di Larry: la rabbia e il rancore che aveva rimosso stando lontano da casa, emergono in tutta la loro furia distruttiva, inconscia e incontrollabile.
Dietro il Make-Up c’è la mano esperta dell’artista del trucco Jack Pierce, che ha reso le sembianze di derivazione umana del mostro credibili. Un buon lavoro è stato fatto anche dal direttore della fotografia Joseph A. Valentine. Ha creato un’atmosfera rarefatta con la nebbia fitta che avvolge il bosco, mobile e armoniosa, anche se la si percepisce a volte come troppo consistente per essere autentica. L’uomo lupo è una pietra miliare del cinema horror e un classico intramontabile.
L’uomo Lupo (The Wolf Man.) USA 1941 Regia di: George Waggner. Genere: Horror. Durata: 70′. Cast: Lon Chaney Jr, Claude Rains, Warren William, Ralph Bellamy, Maria Ouspenskaya, Bela Lugosi, Patric Knowles. Fotografia: Joseph A. Valentine. Musiche: Charles Previn, Hans J. Salter, Frank Skinner. Sceneggiatura: Curt Siodmak.
L’uomo Lupo, recensione del film diretto da George Waggner.
Valutazione finale: 7/10