“….Il ‘68 era arrivato sia a Parigi che a nord Italia. Solamente da noi, a Latina, non era arrivato….”
Accio Benassi
Il regista Daniele Lucchetti riprende il romanzo pseudo autobiografico del futuro Premio Strega Antonio Pennacchi: Il Fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi (id.; 2003), incentrato sul legame che lo aveva unito al fratello Gianni. Fruendone in maniera libera fino a far gridare lo stesso autore allo scandalo per averne snaturato il senso politico. Creando “un bel film” (cit.) Ma soffermandosi poco sui contrasti sociali nati negli anni ‘60 e soffermandosi maggiormente sul legame di amore e odio fra i due fratelli. L’uno operaio e attivista sindacale, e l’altro seminarista mancato, ritornato sui propri propositi grazie alla visione di una foto dell’attrice Marisa Allasio, consegnatagli alla bisogna dal fratello maggiore.
Le prove di Scamarcio e Germano s’oppongono esattamente come la vita dei loro personaggi. Il primo carismatico, il secondo inviso. Il primo poco significativo ma vincente e accettato. Il secondo insicuro, pieno di dubbi e per questo più simile alla moltitudine che segue il film. Gli stessi interpreti creano i due personaggi e vi si adattano alla perfezione e alla fine è proprio l’Accio di Elio Germano che la spunta e surclassa l’interpretazione di Scamarcio che forse anche a causa delle scelte di sovraesposizione mediatica a cui si è successivamente sottoposto rischia di restare imprigionato nel ruolo dello “Step” di Mocciana memoria. Il tutto senza demeriti personali ma solo a causa di un’eccessiva stigmatizzazione di un ruolo che pare calzargli sia a pennello che gradire apertamente.
Germano, alla sua prima uscita in coppia con Lucchetti, riesce di portare in scena una serie d’indecisioni irrisolte: Destra, sinistra o seminario? Problemi di natura sentimentale, quali studi seguire e quali scelte migliori per la propria vita ? Il tutto con una presa di coscienza finale che gli consentirà di vedere la propria vita in un’ottica differente e che finalmente non gli farà più soffrire le presunte (o reali) differenze che da sempre lo fanno credere inferiore al fratello maggiore.
A contorno degli anni del “Boom economico” di una provincia italiana ove pare che il Boom non sia mai veramente arrivato, un po’ come la rivoluzione politica, si muove un gruppo di attori e caratteristi convincenti che ne sottolineano le peculiarità di staticità post bellica. In particolar modo Mario Nastri (Luca Zingaretti); venditore ambulante, attivista dell’MSI, intriso di ricordi Mussoliniani. E Angela Finocchiaro, nel ruolo della madre, rigorosamente all’antica, della famiglia Benassi. Capace di dimostrare di essere all’altezza sia di ruoli comici, sia drammatici, strizzando l’occhio, se mai ce ne fosse bisogno, alla possibilità di orientarsi maggiormente verso interpretazioni di quest’ultimo tipo.
Film da vedere se siete innamorati degli anni di piombo intravisti attraverso la vita della provincia Laziale. Ma consigliamo anche il recupero dello splendido romanzo di formazione al quale Luchetti si è ispirato.