“Hai una settimana per far prescrivere a un medico il tuo farmaco. Basta una ricetta e sai quanto porta ? 40,000“
“All’anno o al mese?”
“No. Alla settimana.”
Apice e crollo di una venditrice di farmaci, tema che Antonio Morabito con il suo Il venditore di medicine (Id; 2013) aveva già trattato con estrema attenzione, avvicinandosi a un mondo, quello degli informatori medico – scientifici, che possono cadere in disgrazia perché accusabili del reato di comparaggio.
In tal caso Emily Blunt ci offre lo sguardo su un mondo differente, quello del mercato americano, libero e per questo concorrenziale, in cui una donna senza preparazione, ma con una grande dose di faccia tosta e una disperata necessità economica, s’improvvisa esperta di farmaci oncologici.
Chris Evans, ex Captain America e Torcia umana, e Andy Garcia l’affiancano impersonando due uomini d’affari appartenenti a un mondo economicamente florido e pericoloso, nel quale i medicinali sono prescritti alla stregua di prodotti da banco. Unico scopo il profitto aziendale che in breve tempo permetterà a tutti di arricchirsi ma ponendo Liza davanti a un interrogativo, ovvero fino a dove ci si possa spingere per ottenere tutto questo.
Un tema che la pellicola tratta e sviscera esattamente come le due recenti miniserie Dopesick – Dichiarazione di dipendenza (Dopesick; 2021) e Painkiller (id.; 2023) riguardanti il mondo dei farmaci a base di oppioidi, ma aggiungendovi anche un’ascesa economica improvvisa e degna del Jordan Belfort impersonato da Leonardo DiCaprio per il quale assieme al profitto aumentavano anche party ai limiti dell’orgiastico così come il motto “tutto è permesso” purché si guadagni.
Basato sul libro inchiesta di Evan Hughes riguardante il caso Insys e tratto da un suo precedente articolo apparso sul New York Times magazine nel 2018, la pellicola di Yates funziona egregiamente in termini di tempi e di recitazione, ma la resa non è completamente all’altezza di aspettative disattese forse proprio per la sovrabbondanza di prodotti che cercano d’indagare un mondo, quello delle case farmaceutiche, che troppo assomiglia a quello di Wall Street e sempre meno a quello medico.
Finale pseudo conciliante, d’altro canto il mondo del cinema a stelle strisce ci ha abituato a film tratti da storie vere che terminano con il vissero (quasi) felici e contenti, ma senza aggiungere molto rispetto a un mondo che anche moralmente non ci fa arcuare nemmeno un sopracciglio.