a cura di Ciro Andreotti
Caterino Lamanna, operaio destinato alla pulizia degli altiforni dell’ ILVA di Taranto, vede nei sindacati la causa delle morti sul lavoro che stanno affliggendo l’azienda. Quando un dirigente amico di famiglia lo avvicina per domandargli se sia disposto a riferirgli cosa accade nel corso delle riunioni sindacali, Caterino acconsente in cambio di una promozione a capo squadra e di una serie di vantaggi personali.
Esordio dietro la macchina da presa estremamente impegnativo per il Giovane Montalbano Michele Riondino che decide di narrare la vita, o sarebbe meglio dire la morte civica, e cinica, della palazzina Laminatoio a Freddo, salita ai disonori della cronaca per aver rappresentato il primo caso di mobbing certificato in Italia e confino ove all’ILVA era consuetudine relegare i dipendenti più scomodi nel quadro di un’ipotetica ristrutturazione aziendale. Dipendenti ai quali fare pagare l’ostinazione nel non voler rinunciare a uno spostamento di reparto con relativo demansionamento.
Riondino riserva per sé il ruolo, immaginario a Taranto ma reale in altri punti aziendali presenti nella penisola, del braccio armato della dirigenza. Pronto a riferire chi siano i colleghi, in particolar modo sindacalisti, più combattivi e quindi più indicati per essere deportati alla palazzina del titolo. La descrizione di Caterino che ci sfila davanti allo sguardo, è quella di un uomo semplice ma deciso, che vive la vita di fabbrica come un mezzo economico con il quale affermarsi socialmente e che nelle relazioni sindacali non intravede nulla di buono se non un mare di parole inutili. A fargli da contraltare, ma sarebbe meglio dire da spalla e manovratore, l’untuoso Elio Germano calatosi, come sempre alla perfezione e con tanto di accento locale, nella parte di Giancarlo Basile, dirigente capace di avvicinare Caterino, carpendone la buona fede con fare mefistofelico in cambio di auto aziendale e conseguente promozione immeritata. Il contorno è quello di una fabbrica che nel corso degli anni ha avvelenato non solo la città di Taranto, ma ha saputo rovinare la vita a numerose persone; vittime dei soprusi come quelli perpetrati sul finire degli anni ’90.
Pellicola d’impegno civico che il regista, Tarantino DOC, con un fratello ammalatosi per aver lavorato proprio all’ILVA, ha voluto girare documentandosi sulle numerose testimonianze di chi nella palazzina fu veramente relegato. Un film girato sulla scia e sull’onda emotiva per il cinema d’impegno sociale che fece la fortuna di registi come Elio Petri e attori del livello di Gian Maria Volonté. Difficile in Caterino non intravedere proprio l’ombra di Ludovico “Lulù” Massa, protagonista di La classe Operaia va in Paradiso (id.; 1971) ma senza quella presa di coscienza che, nella pellicola di Petri, ne contraddistingueva la catarsi. Pellicola il cui contenuto funziona, per merito di tutto il cast, come un orologio di fattura pregiata e che non sembra assolutamente creata da un regista esordiente.
Palazzina LAF (Id.) Italia, 2023 Regia: Michele Riondino Soggetto: Claudio Virtù Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Michele Riondino Genere: Drammatico Durata: 100′ Montaggio: Julien Panzarasa Scenografia: Sabrina Balestra Cast: Michele Riondino, Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D’Addario, Michele Sinisi, Fulvio Pepe, Marina Limosani, Eva Cela, Anna Ferruzzo, Paolo Pierobon Fotografia: Claudio Cofrancesco Musica: Teho Teardo Produzione: Palomar, Bravo, BIM Distribuzione, RAI Cinema, Paprika Films Distribuzione: BIM Distribuzione.
Palazzina LAF, di Michele Riondino