Recensione film Judas and the Black Messiah, di Shaka King.
Nel 1968 William O’Neal, un ventenne di Chicago, viene arrestato per aver rubato un’auto ed essersi spacciato per un agente dell’FBI. Per evitare il carcere dovrà avvicinare Fred Hampton, presidente della sezione di Chicago del movimento Black Panther fornendo all’FBI le informazioni necessarie allo smantellamento dell’organizzazione. Una volta avvicinatosi a Hampton William ne diviene amico fino a essere nominato a capo della sicurezza della sede Black Panther di Chicago.
Il quarantunenne Shaka King arriva al suo secondo lungometraggio, dopo Newlyweeds presentato al Sundance nel 2013, portando sul grande schermo una storia di stretta attualità ma al tempo stesso dimenticata in una passato sufficientemente distante. Alla fine degli anni 60, il ventenne William O’ Neal, ladro di auto e millantatore di falsa identità, viene costretto dall’agente FBI Roy Mitchell, a infiltrarsi nella più sovversiva fra le varie organizzazioni che all’epoca solcavano il mare magnum USA: le Pantere Nere.
Ideologi della fede marxista e della ribellione armata non solo per le persone di colore ma di tutti gli oppressi dal potere capitalistico, bianchi compresi. William avvicinandosi al leader delle Pantere Fred Hampton, inizia a condividerne idee, ideali di libertà e lotta armata. Senza mai dimenticarsi la ragione per la quale era stato coinvolto in una vicenda molto più grande di lui.
King dipinge in maniera accurata e solo parzialmente romanzata le vicende che riguardarono l’attività politica di Hampton.
Di come venne avvicinato da Wild Bill e da quest’ultimo tradito, in un continuo rimando cinematografico che prende il via dal proprio mentore Spike Lee, conosciuto in un corso di sceneggiatura al college, e con chiari riferimenti al suo BlackKklansman (id., 2018), del quale questo lungometraggio potrebbe essere la copia al negativo, fino a e The Departed (id., 2006) diretto da Martin Scorsese, con il quale divide la presenza di Martin Sheen, qui nei panni irriconoscibili del capo dell’FBI J. Edgar Hoover.
Film che due anni or sono ebbe un’eccellente cassa di risonanza data anche dalla candidatura a diversi premi Oscar, riuscendo ad afferrare due statuette grazie alla migliore canzone: Fight for You firmata da Gabriella Sarmiento Wilson alias H.E.R. e per il miglior attore non protagonista andato a Daniel Kaluuya, per il ruolo di Fred Hampton. Riuscendo a riportare a galla una storia in parte dimenticata e a far riflettere lasciandosi ammirare per tutta la sua durata. Non riuscendo però a sciogliere quei dubbi che da più di cinque decadi attanagliano il ricordo di uno fra i leader maggiormente controversi del più importante movimento politico di colore USA.
Judas and the Black Messiah (id.) USA 2021 Regia di: Shaka King Genere: Drammatico Durata: 125′ Cast: Daniel Kaluuya, LaKeith Stanfield, Jesse Plemons, Dominique Fishback, Ashton Sanders, Martin Sheen, Algee Smith. Sceneggiatura: Will Berson, Shaka King Fotografia: Sean Bobbitt
Recensione film Judas and the Black Messiah, di Shaka King.
Valutazione finale: 6,5/10