Recensione film “Una doppia verità”, di Courtney Hunt.
Mike Lassiter (Gabriel Basso), ragazzo adolescente, uccide il padre violento (James Belushi).
Un caso facile, un colpevole già scritto per tutti, ma non per l’ostinato avvocato difensore Richard Ramsey (Keanu Reeves). Che ha promesso alla madre (Renée Zellweger) di scagionare suo figlio.
Dopo l’omicidio il giovane Mike decide di trincerarsi in un silenzio ostinato, non rispondendo ad alcuna domanda, dopo aver detto in prima battuta “andava fatto tanto tempo fa”.
Un’apparente ammissione di colpa che non convince però Ramsey, intenzionato a portare alla luce la verità a qualunque costo.
In un gioco di depistaggi e colpi di scena, si muovono testimoni non affidabili e personaggi ambigui. Accompagnando lo spettatore in un labirinto di menzogne per un processo che si trasforma, passo dopo passo, in una corsa contro il tempo. Ma se tutti mentono, qual è la verità?
Il film si apre come un noir, con una voce fuori campo di Keanu Reeves su una serie di inquadrature statiche e magistralmente fotografate che affrescano il contesto in cui si svolgerà la vicenda. Una Louisiana (la medesima di True Detective di cui, questo prologo, ne riprende diverse sfumature) attanagliata da un caldo umido e asfissiante che pare voglia annichilire sin da subito i protagonisti.
Un processo da imboscata per Courtney Hunt che dirige Keanu Reeves, Renée Zelwegger e Jim Belushi nel suo legal drama.
Poi lo stacco e l’azione si sposta all’interno di un’aula di tribunale e lì resta per la successiva ora e mezza. La sola evasione che viene concessa è tramite i flashback che ricostruiscono i fatti narrati dai testimoni chiamati a raccontare la propria versione. Il film si dipana in due filoni narrativi paralleli e sovrapposti. Nessuno dei quali lascia scampo ai personaggi, stritolati dalla morsa opprimente della verità che cerca di venire a galla.
Da una parte il processo incalzante, i continui colpi mandati a segno dall’accusa, la difesa di Keanu Reeves che non sa dove andare a parare e cerca di prendere tempo incassando il più possibile «come Muhammad Ali contro Foreman»; dall’altra i ricordi che affiorano lentamente, quasi centellinati, disegnando un quadro che ben si distanzia dall’immagine canonica della famiglia borghese americana. Pian piano si insinuano disagi troppo a lungo taciuti, insulti, violenze, morbosità.
In questo idilliaco quadro, che progressivamente si sgretola sotto gli occhi dello spettatore, un plauso d’onore va alla prova attoriale di Jim Belushi. In questo film abbandona la sua zona di comfort di attore da commedia per misurarsi con un personaggio allo stesso tempo terribile eppure affascinante. Che è il vero cuore pulsante della vicenda, arricchendolo con una serie di sfumature che vanno ad assottigliare ancor di più il confine della verità. «Ho voluto lavorare a un processo in cui, per qualche motivo, ognuno aveva qualche forte motivazione per mentire» ha dichiarato Alan Dershowitz, avvocato e teorico di diritto, che ha collaborato attivamente anche alla stesura della sceneggiatura. A fine visione questo concetto sarà lampante e sublime.
Una doppia verità (The Whole Truth) USA 2016 Regia di: Courtney Hunt Genere: Thriller Durata: 93′ Cast: Keanu Reeves, Renée Zellweger, Gugu Mbatha-Raw, Gabriel Basso, Jim Belushi, Jim Klock, Ritchie Montgomery, Christopher Berry, Lara Grice, Nicole Barré, Lucky Johnson.
Recensione film “Una doppia verità”, di Courtney Hunt.