a cura di Ciro Andreotti
In una piccola località mineraria del nord est inglese l’Old Oak di proprietà di T.J. Ballantine rappresenta il solo luogo di ritrovo dei pochi abitanti rimasti. La tranquillità del paese sarà scossa dall’arrivo di un gruppo di profughi siriani, invisi alla popolazione locale che vede in loro una minaccia. T.J al contrario, pur accettando le osservazioni dei propri concittadini, stringerà una solida amicizia con Yara, un’appassionata di fotografia, e con la sua famiglia.
Dave Turner e Emra Bili
Presentato in concorso al 76° Festival di Cannes, con la speranza di portare a casa la terza palma d’oro della sua interminabile carriera, dopo Il vento che accarezza l’erba (The Wind That Shakes the Barley; 2006) e Io, Daniel Blake (I Daniel Blake; 2016), il film del cineasta di Nuneaton presenta sia tutti i sintomi, ma anche gli anticorpi del suo cinema: dalla speranza che si possa creare coesione di classe, ai chiari riferimenti contro il governo inglese, che negli anni ‘80 spinse il sindacato dei minatori a dodici mesi di sciopero che seppero cementare amicizie durature e solidarietà fra simili. La stessa solidarietà che si può trovare fra gli effluvi dell’Old Oak, il decadente pub gestito dal disilluso T.J. Ballantine, impersonato da Dave Turner, ennesima scoperta del regista che già lo aveva fatto conoscere al grande pubblico in Sorry We Missed You (Id.; 2019). Attraverso lo sguardo di quest’uomo, che è stato prossimo al suicidio a causa del fallimento della propria vita, Loach torna a parlare sia degli ultimi, impersonati da un manipolo di profughi Siriani, ma anche dei penultimi, gli abitanti del luogo, il cui destino non è molto dissimile da quello dei profughi, perché vittime della chiusura delle miniere di carbone che rappresentavano l’indotto di quasi tutta una popolazione che progressivamente si è impoverita, assistendo impotente anche alla chiusura di tutte le attività commerciali e sociali.
Loach e il suo fido e abituale sceneggiatore Paul Leverty, riescono a confezionare una pellicola fatta come sempre di pochi accorgimenti scenici e giocata sulle emozioni contrastanti che riesce a suscitare. Dalle offese che volano in direzione profughi, alle pause di riflessione, e al pensiero dei protagonisti capaci di veicolare un messaggio carico di solidarietà e speranza, ovvero che al netto di differenze di abitudini e religione, le due entità: abitanti locali e presunti invasori, non siano altro che le due facce della medesima medaglia e che solamente coesistendo pacificamente potranno rientrare in possesso delle rispettive dignità. A visione ultimata forse ci si poteva attendere anche qualcos’altro, ma già tutto questo non è assolutamente poco.
The Old Oak (Id.) Regno Unito, Francia, Belgio, 2023 Regia: Ken Loach Sceneggiatura: Paul Laverty Genere: Drammatico Durata: 110′ Montaggio: Jonathan Morris Scenografia: Fergus Clegg Cast: Dave Turner, Ebla Mari, Debbie Honeywood, Reuben Bainbridge, Rob Kirtley, Chris Gotts, Andy Dawson, Lloyd Mullings, Joe Armstrong Fotografia: Robbie Ryan Musica: George Fenton Produzione: Sixteen Films, StudioCanal UK, Why Not Productions, Les Films du Fleuve Distribuzione: Lucky Red
The Old Oak, di Ken Loach